Seguendo l’auspicio dei curatori di un volume di studi dedicato allo sviluppo delle environmental humanities in ambito italofono, i saggi qui raccolti descrivono come i prodotti di alcune forme artistiche (arti plastiche, letteratura, teatro, cinema) si rivelano in grado di problematizzare il rapporto dell’umano con il pianeta, con la natura, con lo sviluppo tecnologico divenendo così parte di un vero e proprio dibattito ʻpoliticoʼ. Provenienti da spazi culturali diversi, le opere oggetto degli studi sono veri e propri incubatori di idee, laboratori di pensiero e spazi di dibattito e di scambi di competenze e conoscenze, in grado di indagare sulle cause e denunciare le conseguenze dei fenomeni di degrado ambientale a cui stiamo assistendo in questo primo quarto del XXI secolo. Esse interrogano e mettono in discussione le costruzioni mentali, gli stereotipi dominanti della società occidentale antropocentrica per invitare a riscrivere il nostro rapporto con l’animalità e la vita vegetale, a rileggere la nostra relazione con il passato e il futuro alla luce di un ideale di ʻbene comuneʼ.
Il volume quindi intende esplorare le possibili diverse significazioni espresse dalle narrazioni del cinema, delle arti plastiche e performative, della letteratura e del mondo digitale, per offrire una riflessione sui modi in cui una più viva coscienza ecologica e una crescente consapevolezza ambientale possono oggi produrre nuove forme espressive e nuovi discorsi, fornendo modelli interpretativi in grado di rivelare significati ʻaltriʼ in produzioni culturali della contemporaneità. Intende tentare quindi di interloquire, attraverso l’arte, con le problematiche che segnano l’età dell’antropocene.
Gli artisti al centro degli studi che compongono il volume possono essere considerati come dei veri e propri ʻsemionautiʼ intenti a navigare e a intercettare nelle loro esplorazioni il mondo; essi programmano nuove forme e producono percorsi o scenari originali tra segni e significati. Ciò facendo, diventano anche sostenitori di quell’ʻantropologia espansaʼ che Nicolas Bourriaud propone di definire ʻantropologia molecolareʼ, «chiave di volta per avvicinare e comprendere le tante disseminazioni e gli arditi accostamenti – le molecole – messi multiformemente in campo».
Al centro degli studi, gli artisti e le loro pratiche ci permettono di percepire la realtà con uno sguardo nuovo, consapevole e persino stupito, comunque non più ingenuo e rassicurante. Il loro approccio alla realtà mira a interrogarne le peculiarità in un’ottica espansa dove il movimento, l’erranza, il confine e l’appartenenza ancestrale al territorio si intersecano alla ricerca di nuovi significati. La loro ricerca prende le mosse dalla concezione del sapere situato e dalla convinzione sul potere d’azione dell’arte per cui solo chi conosce concretamente, vive ed esperimenta, può portare uno sguardo consapevole dall’interno verso l’esterno, promuovendo il sapere attraverso la creatività.
La relazione con il territorio e le sue caratteristiche, fondamento del vivere umano nella natura e in comunità, potrebbe trovare risposte utili per la sopravvivenza della specie con un rinnovato ascolto della natura. La stessa natura che dovrebbe essere considerata nella sua unicità e specificità intrinseca nella relazione con l’umano al di là dello sfruttamento indiscriminato e del non rispetto assoluto. La proposta di dare voce a un elemento naturale, come nel caso del fiume Loira in Francia, diventa così un’affascinante prospettiva per lo sviluppo della coscienza umana (Rolla). Il non umano diventa un soggetto a tutti gli effetti, un’istanza rinnovata capace di azione e degna dell’attenzione e dell’interlocuzione, di essere ascoltata e considerata alla stessa stregua di qualsiasi essere vivente. La drammaturgia contemporanea, tramite forme ibride e intermediali, tenta di dare voce a queste istanze non-umane nella messa in scena performativa (Fuoco). Le pratiche artistiche situate possono essere considerate come mezzi per provocare la consapevolezza degli spettatori e in tal senso la conferenza-performance costituisce uno strumento efficace per trasmettere concetti e idee. Come nel caso di Emmanuelle Pireyre, scrittrice e performer francese che accompagna la scrittura dei suoi romanzi con la costruzione e la messa in scena di conferenze (Bricco).
Cfr. I. Luquet-Gad, ʻEntretien avec Nicolas Bourriaudʼ, <http://www.zerodeux.fr/interviews/nicolas-bourriaud/> [accessed 15 March 2023].
N. Bourriaud, ʻThe Seventh Continent: These upon Art in the Age of Global Warmingʼ, in The Seventh Continent – Field Report, 16th Istanbul Biennial, IKSV, 2019, pp. 55-58. Sulla connessione dell’artista all’antropologo si veda anche J. Kosuth, ʻArtist as Anthropologistʼ, in S. Johnstone (a cura di), The Everyday, Cambridge, MIT Press, 2008; H. Foster, ʻThe Artist as Ethnographer?ʼ, in G.E. Marcus, F. R. Myers (a cura di), The Traffic is Culture: Refiguring Art and Anthropology, Berkeley, Los Angeles, London, University of California Press, 1995.
P. Mania, ʻL’arte nell’età dell’Antropocene. 16a Biennale di Istanbulʼ, Arte e oltre / art and beyond rivista trimestrale di arte contemporanea, 24, VI, 20/10/2019, ˂https://www.unclosed.eu/rubriche/osservatorio/recensioni-attualita/283-l-arte-nell-eta-dell-antropocene.html˃ [accessed 15 March 2023].