In un’intervista di Sonia Raule, rilasciata nel 1968 in Piazza del Popolo in cima a un leone di marmo con ai piedi la coppa Volpi appena ottenuta, Laura Betti afferma: «Io mi annoio a fare cose che non sono al limite del pericolo». Questa regola investe tutti campi in cui si è cimentata e vale forse di più a chiarire la sua carriera di cantante, che di fatto si può interpretare alla luce di un continuo raggiungimento e superamento di questo crinale, laddove il pericolo è gravitare nel mondo della canzone ‘ye ye’. In una delle numerose conversazioni con Roberto Chiesi, del resto, a proposito dei suoi esordi dopo il trasferimento a Roma Betti dichiara: «Io cantavo, ero una bravissima cantante di jazz e ogni volta che c’era una orchestra andavo a cantare, mi piaceva … ma è che sapevo fare nient’altro».
Riprendendo le riflessioni di Stefania Rimini sulla natura poliedrica di Betti, sulla varietà di maschere da lei assunte, emerge un tratto peculiare, soltanto suo: la postura di ‘cantante di cabaret’ nel decennio degli anni Sessanta. Nel costruire una maschera così specifica hanno giocato un ruolo fondamentale le interpretazioni di Kurt Weill, per ragioni che questo contributo prova a indagare.
Vi è un filo conduttore fra le tendenze del teatro di parola e musicale dei primi vent’anni del Novecento nella Repubblica di Weimar e l’effervescenza degli ambiti teatrali di Milano e Roma fra gli anni Cinquanta e Sessanta in Italia, che trova efficace, innovativa espressione nel cabaret.
L’intervista è visibile al seguente link: <https://www.youtube.com/watch?v=Cb0aK1GKmIU> [accessed 3 January 2023].
R. Chiesi, ‘Avevo una doppia vita. Intervista a Laura Betti’, in Laura Betti, illuminata di nero, Id. (a cura di), Bologna, Editrice compositori (Cineteca speciale), 2005, p. 30. Per una disamina sulla varietà e le multiformi espressioni della canzone nella società italiana si rinvia a J. Tomatis, Storia culturale della canzone italiana, Milano, il Saggiatore (La Cultura), 2019, in particolare al capitolo Gli intellettuali e la canzone. Il taglio del contributo è una lettura critica di Laura Betti cantante negli anni Sessanta, con uno specifico affondo sulle interpretazioni del repertorio di Kurt Weill.
S. Rimini, ‘Potentissima signora dei rotocalchi. Le maschere di Laura Betti’, in L. Cardone, G. Maina, S. Rimini, C. Tognolotti (a cura di), ‘Vaghe stelle. Attrici del/nel cinema italiano’, Arabeschi, n. 10, luglio-dicembre 2017, pp. 444-448, <http://www.arabeschi.it/57-potentissima-signora-dei-rotocalchi-le-maschere-di-laura-betti-/> [accessed 3 January 2023].