Saggi
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Calvino e il cinema italiano del dopoguerra
di Stefania Parigi

1. In principio era lo sguardo

La visività come motore dell’opera di Calvino è stata più volte messa in rilievo sia dall’autore sia dalla critica, insieme al quadro intermediale che orienta costantemente la sua attività narrativa e saggistica. Nella recente selezione dei suoi scritti intitolata significativamente Guardare, Marco Belpoliti enuncia già in copertina tutti i campi con cui Calvino entra in dialogo: Disegno, cinema, fotografia, arte, paesaggio, visioni e collezioni. Il rapporto con il cinema, in particolare, è diventato materia di diversi libri dal 1990 a oggi.

Lo scrittore per primo ha tracciato le coordinate della sua esperienza cinematografica in Autobiografia di uno spettatore che introduce nel 1974 la raccolta di quattro sceneggiature di Fellini. Riattivando la memoria dell’adolescenza, ci racconta che il cinema hollywoodiano classico ha rappresentato per lui un itinerario di formazione all’insegna dell’«evasione», dello «spaesamento», dell’immersione in un mondo altro rispetto a quello di tutti i giorni, non importa se pieno di «mistificazione» e «menzogna».

I. Calvino, Guardare. Disegno, cinema, fotografia, arte, paesaggio, visioni e collezioni, a cura di M. Belpoliti, Milano, Mondadori (Oscar Moderni), 2023. Si intitola L’occhio di Calvino il libro che Belpoliti pubblica nel 1996 per Einaudi. Al 2008 risale il volume di Maria Rizzarelli, Sguardi sull’opaco. Saggi su Calvino e la visibilità (Acireale-Roma, Bonanno).

L. Pellizzari (a cura di), L’avventura di uno spettatore. Italo Calvino e il cinema, Bergamo, Pierluigi Lubrina, 1990 (nuova edizione ampliata: Artdigiland 2015); V. Santoro, Calvino e il cinema, Macerata, Quodlibet, 2011; D. M. Zazzini, Il cinema per me era tutto il mondo: Italo Calvino spettatore, Teramo, Galaad, 2022.

I. Calvino, ‘Autobiografia di uno spettatore’, in F. Fellini, Quattro film, Torino, Einaudi, 1974, pp. IX-XXI; ora in I. Calvino, Guardare, pp. 151-167.

Rispondeva a un bisogno di distanza, di dilatazione dei confini del reale, di veder aprirsi intorno delle dimensioni incommensurabili, astratte come entità geometriche, ma anche concrete, piene di facce e situazioni e ambienti, che col mondo dell’esperienza diretta stabilivano una loro rete (astratta) di rapporti.

Ivi, p. 156.

Il trauma bellico costituisce uno spartiacque tra questa esperienza di spettatore perso in un mondo immaginario, avventuroso e fiabesco e quella di autore e ‘attore’ partecipe della cultura del dopoguerra. Alla «distanza» si sostituisce la ‘vicinanza’ ai fatti e ai personaggi rappresentati, l’immersione nel modo della contingenza e della memoria appena trascorsa.

Il cinema italiano del dopoguerra non so quanto abbia cambiato il nostro modo di vedere il mondo, ma certo ha cambiato il nostro modo di vedere il cinema (qualsiasi cinema, anche quello americano). Non c’è un mondo dentro lo schermo illuminato nella sala buia, e fuori un altro mondo separato da una discontinuità netta, oceano o abisso. La sala buia scompare, lo schermo è una lente d’ingrandimento posata sul fuori quotidiano, e obbliga a fissare ciò su cui l’occhio nudo tende a scorrere senza fermarsi. Questa funzione ha – può avere – la sua utilità, piccola, o media, o in qualche caso grandissima. Ma quella necessità antropologica, sociale della distanza, non la soddisfa.

Ivi, p. 162.

2. Le immagini della Resistenza

È un altro noto saggio di Calvino – questa volta scritto nel 1964 in forma di presentazione al suo romanzo d’esordio Il sentiero dei nidi ragno (1947) – a ripercorrere le mutazioni provocate dalla guerra e dalla Resistenza, che riguardano insieme il cinema e la letteratura. Restio verso le classificazioni e le definizioni univoche, Calvino usa il vocabolo «neorealismo» sempre fra virgolette e cerca di definirne la natura: rifuggendo dalla nozione di scuola, lo vede come «clima generale di un’epoca», come «un fatto fisiologico, esistenziale, collettivo», come «un insieme di voci» lanciate alla scoperta del Paese finalmente uscito dal fascismo.

Il racconto della guerra e della Resistenza costituisce una sorta di cemento che fonde insieme, pur in modi diversi, cinema e letteratura, uniti da una «smania di raccontare», da un’urgenza di testimonianza, di riscrittura dell’esperienza del vissuto appena trascorso. I primissimi anni postbellici sono attraversati da una vera e propria euforia di rifondazione che permea la società e le arti, anche se per breve tempo. La «speranza quarantacinquesca», come la definisce Calvino, presto si esaurisce, lasciando sul campo un senso di inadempimento, di sconfitta, di crisi. La letteratura, ai suoi occhi, non è riuscita a dare «una rappresentazione epica e corale della Resistenza», a saldare in maniera significativa il «protagonista lirico-intellettuale» con l’ambiente popolare, con la società, con la storia. Al contrario il cinema italiano gli appare legato a una più acuta coscienza del proprio ruolo innovatore rispetto al passato, anche se il tema resistenziale è presto rifuggito dagli schermi in quanto politicamente scomodo e conflittuale. Nel decennale della Liberazione la rivista Cinema Nuovo dedica un intero numero alla celebrazione-commemorazione del rapporto tra cinema e Resistenza, mentre nel Bollettino del neorealismo allegato intervengono sull’argomento intellettuali, filosofi, scrittori e artisti come Galvano della Volpe, Carlo Bernari, Renato Guttuso, Michelangelo Antonioni. Calvino pubblica in questa occasione un soggetto cinematografico intitolato Viaggio in camion, che inizia in forma saggistica, come una dichiarazione d’intenti e di prospettive.

I. Calvino, ‘Prefazione’, in Il sentiero dei nidi di ragno, Torino, Einaudi, 1964; ora in Id., Romanzi e racconti, a cura di M. Barenghi, B. Falcetto, I, Milano, Mondadori (I Meridiani), 1991 (2003), pp. 1185 e 1187.

Ivi, p. 1186.

I. Calvino, ‘Necessità d’una critica letteraria’, Cultura e realtà, 1, maggio-giugno 1950, ora in Id., Saggi 1945-1985, a cura di M. Barenghi, I, Milano, Mondadori (I Meridiani), 1995, p. 1501.

I. Calvino, ‘La letteratura italiana sulla Resistenza’, Il movimento di liberazione in Italia, I, 1° luglio 1949, ora in Id., Saggi 1945-1985, p. 1493.

I. Calvino, ‘Il midollo del leone’ (1955), in Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e società, Torino, Einaudi, 1980, ora in Id., Saggi 1945-1985, p. 12.

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