L’altro aspetto che ho immediatamente notato intervistando piu volte Milo, a partire dai primi incontri alla Biennale Teatro di Venezia diretta allora da Alex Rigola, e la sua fulminea intelligenza. L’ampiezza stratosferica della sua possibilita di citare, fare riferimenti, evocare da mondi culturali diversi e internazionali e senza dubbio affascinante. Uno sguardo aperto, insomma, che sa giocare con diverse culture e ambiti di studio. Mai perde di vista la politica: non solo la politica dei condivisi valori, i capisaldi del pensiero della sinistra europea, ma anche la politica fatta, reale, concreta di Paese in Paese. Saranno gli studi universitari – sociologia e filologia, con maestri come Pierre Boudieu e Tzvetan Todorov –, sara il suo essere attivista o la pratica giornalistica che coltiva sempre, ma la velocita con cui crea connessioni, rimandi, aperture e davvero divertente. Cita Marx e Benjamin, evoca Arendt e Gershom Scholem, Bruno Latour e Geoffroy de Lagasniere, Eduard Louis e George Steiner, Marlon Brando o Alfred H. Barr Jr., Eschilo e Brecht, Jean-Luc Godard, Pier Paolo Pasolini o il Neorealismo, o mille altri ancora, ivi comprese, ovviamente, persone sconosciutissime eppure fondamentali con cui ha avuto a che fare nei suoi progetti. Passa agilmente dall’economia alla politica estera, dal cinema alla letteratura, dagli studi di estetica alla filosofia classica o ipercontemporanea. Non tutto gli va bene, anzi, spesso e critico e tagliente nei confronti dei Maestri del pensiero riconosciuti e acclamati. Ma questo mondo teorico e sempre e comunque profondamente calato nel reale.
Quello che Slavoj Zizek definiva, con la sua eccentricita, il «deserto del reale» si e, per cosi dire, rilanciato, ha ripreso il sopravvento, si e imposto nel suo formicolio e nel suo incessabile rimestio allo sguardo analitico di Rau. E il ‘realismo globale’, e la ferma volonta di fare i conti con il presente: di fatto, la realta che il regista sbatte in faccia agli spettatori e alle spettatrici, di tutto il mondo o quasi, e facilmente verificabile. E la, di fronte e attorno a noi, solo che eravamo distratti. Rau sa richiamare l’attenzione di tutti e di ciascuno, sa svelare i meccanismi – le sovrastrutture si sarebbe detto fino a poco tempo fa – che determinano questo reale. Le cose accadono, stanno accadendo, lo sappiamo e non possiamo fare finta di non sapere. Non e piu tempo di girare la testa dall’altra parte. Le stragi, le violenze, gli affari sporchi, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, le mafie, i populismi, i razzismi. Lo sappiamo.
Milo non ha timori reverenziali. E uno che non si preoccupa di fare i nomi, di denunciare chiaramente la politica contorta e violenta, di chiamare in causa i responsabili. Insomma: di fare teatro per agire politicamente. Tanto per fare un paio di esempi. Penso a quel che accadde nel 2018 a San Pietroburgo, quando e stato invitato a ritirare il Premio Europa. Ero presente, mi fa piacere raccontarlo. Il Premio Europa – che storicamente ha riconosciuto i maggiori protagonisti della scena internazionale – e stato fondato nel 1986 e per l’edizione 2018 la giuria, composta da eminenti critici e addetti ai lavori, lo ha assegnato a Valery Fokin, regista di chiara fama, direttore del bellissimo teatro Alexandrinskij, e alla famosissima attrice catalana Nuria Espert. Nessun dubbio sulle qualita artistiche dei vincitori, meritatissimo l’omaggio.
Il riconoscimento Europe Prize Theatrical Realities, invece, destinato a figure piu giovani, ad artisti ancora ‘in crescita’, per quanto gia super affermati, e stato assegnato per il 2018 al coreografo Sidi Larbi Cherkaoui, al gruppo svedese Cirkus Cirkor, al regista polacco Jan Klata, al portoghese Tiago Rodrigues, al francese Julien Gosselin e, appunto, a Milo Rau. E lui ha avuto la forza di interrompere il gioco rutilante, ingessato (ma sempre un po’ noioso) delle premiazioni. Milo Rau non era a San Pietroburgo. Non era nemmeno in Russia. Non aveva ricevuto in tempo il visto per l’ingresso. E cosi ha inviato un messaggio, che e stato letto dalla figura tra le piu rappresentative della critica teatrale mondiale, lo studioso George Banu.
«Non posso essere a San Pietroburgo – aveva scritto Milo Rau nel suo messaggio (NB: la traduzione e mia) – e mi spiace molto poiche sono felice del Premio che mi viene assegnato. Eppure, non sono sorpreso delle difficolta per ottenere il visto di ingresso in Russia. Da quando abbiamo fatto il progetto The Moscow Trials, cinque anni fa, in cui abbiamo esaminato criticamente il tema della liberta artistica in Russia, non ci e stato piu possibile entrare in questo Paese – sia per il festival Manifesta o per il Golden Mask festival o per altri eventi. Ci sono sempre problemi. Questa volta, ad esempio, prima la lettera di invito ufficiale e stata considerata incorretta, poi mi e stato detto che mi sarei dovuto rivolgere a un’altra ambasciata e cosi via. Ma, per quanto assurdo possa sembrare, il fatto che io non sia al Premio e del tutto irrilevante. Niente piu di una stupida formalita. Irrilevante rispetto al fatto che il collega regista Kirill Serebrennikov, che ha ottenuto lo stesso Premio, sia sotto processo per accuse grottesche. Non ha potuto ritirare il premio nel 2017 e non lo puo fare oggi perche e ancora agli arresti domiciliari. Il Premio Europa per il Teatro arriva in Russia e non possiamo non dire ufficialmente qualcosa su Kirill Serebrennikov».
Il discorso di Rau affondava ancora la lama: «Come possiamo celebrare la forza e la liberta del teatro, come possiamo festeggiare noi stessi e il dialogo europeo, e rimanere in silenzio sul fatto che il vincitore della passata edizione sia oggetto di accuse ridicole? Il caso di Kirill Serebrennikov e quello delle Pussy Riot, e anche il mio e di tutti noi». La lettera fece subito scalpore: la tribuna ufficiale, con rappresentanti del governo e manager di Stato, rimase gelata; i teatranti e noi che stavamo in platea, provenienti da tutto il mondo, ci scaldammo, capimmo che quella ‘parata’ poteva avere un senso diverso, e da quel momento in poi la serata divenne una continua dichiarazione di sostegno a Serebrennikov, uno sgambetto bello e buono ai fasti putiniani. Ma credo che a nessuno degli astanti, prima della lettura della lettera, fosse passato in mente di preoccuparsi o di denunciare la condizione in cui versava Serebrennikov. Insomma, come dicevamo Milo Rau non ha mai esitato a fare i nomi: e i nomi non sono solo quelli delle Pussy Riot o di Putin, ma anche di Ceaucescu, di Breivik, di Mobutu Sese Seko, di Valery Bemeriki e del Fronte Patriotico Rwandese, Trump, Erdogan, Assad…
Cfr. S. Žižek, Benvenuti nel deserto del reale, trad. it. di P. Vereni, Roma, Meltemi, 2002.
George Banu, scrittore, critico teatrale, docente universitario, straordinario testimone del nostro tempo teatrale, è scomparso il 21 gennaio 2023.
Serebrennikov è stato condannato a Mosca il 20 giugno 2020 per una ipotetica ‘appropriazione indebita’ di finanziamento pubblico, per quanto lui si sia sempre professato innocente. Già era stato arrestato nell’agosto 2017 con l’accusa di truffa.
La versione inglese della lettera di Rau si legge qui: C. Provvedini, ‘Il Premio Europa per il Teatro di San Pietroburgo a Valerij Fokin, Milo Rau…’, Rumor(S)cena, 20 novembre 2018, < https://www.rumorscena.com/20/11/2018/il-premio-europa-per-il-teatro-di-san-pietroburgo-a-valerij-fokin-milo-rau-e-la-settimana-del-teatro-lev-dodin-hamlet > [accessed gennaio 2023].